L’intervento dell’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, sulla questione Skin e Affiliazioni (praticamente i siti dove viene proposta la Comparazione Quote tra operatori) sta agitando il mercato del gioco online. Quello che viene contestato da Agcom è che l’operatività del concessionario attraverso le skin è un sistema tale da far ipotizzare la violazione del divieto di pubblicità. Sempre secondo l’Agcom, anche il fatto di apparire sui siti di comparazione andrebbe inteso come pubblicità.

Una situazione, quella ipotizzata da Agcom attraverso un verbale di contestazione (non siamo ancora alle sanzioni) recapitato ad un noto concessionario, che potrebbe avere un effetto dirompente sul mercato. L’Autorità è infatti tenuta ad agire in modo che siano assicurati il buon andamento ed l’imparzialità della amministrazione (articolo 97 della costituzione) per cui sicuramente non potrà limitarsi ad agire su un solo concessionario ma dovrà agire su tutti gli operatori (e non solo nel caso delle affiliazioni). Questo significherebbe far crollare l’impalcatura sui sistemi leciti di diffusione del gioco legale oltre al danno provocato dalle salatissime multe.

La domanda se lavorare con le skin e apparire sui siti di comparazione sia legale sta facendo il giro tra gli operatori, nessuno escluso. I grandi concessionari non utilizzano il sistema delle skin, che riguarda principalmente la seconda fascia degli operatori, ma sono comunque toccati dall’intervento dell’Agcom per quanto riguarda la comparazione quote.
Il concessionario “colpito” per primo ha già attivato i proprio legali per preparare una memoria da consegnare all’Agcom. Un documento che dovrebbe chiarire all’Autorità l’assoluta legalità e trasparenza del sistema delle skin, sistema che non ha nulla a che vedere con la questione pubblicità perché nasce per altre finalità, riconosciute anche dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Tema più delicato quello delle Affiliazioni. La Comparazione Quote è infatti ammessa ma bisognerà capire perché l’Agcom intraveda nell’esposizione del brand una violazione del divieto di pubblicità.

Insomma una sorta di bomba ad orologeria che se dovesse esplodere, colpendo prima il concessionario a cui è arrivato il verbale di contestazione e poi a cascata tutti gli altri, metterebbe a rischio moltissimi posti di lavoro, entrate per gli operatori e per lo Stato e darebbe un assist al gioco illegale che troverebbe nuovi spazi in cui diffondersi.

E’ quindi fondamentale che tutto il mercato si attivi sulla questione per scongiurare un pericoloso iter che avrebbe effetti devastanti sugli operatori. Prevenire è sempre meglio che curare… sb/AGIMEG

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