E’ una inchiesta molto dettagliata e precisa quella pubblicata oggi, sia sul quotidiano sia online, dal Corriere dello Sport. Si tratta di una inchiesta, a firma Giorgio Marota, sui motivi che rendono attrattiva la scommessa illegale. Nell’articolo si fa anche il punto sul fenomeno della ludopatia. Ecco alcuni passaggi dell’inchiesta.

“Tanti calciatori rovinano le proprie carriere e le proprie vite sui circuiti clandestini per una banale – ma preoccupante – questione di incassi. In Italia il gioco legale prevede, infatti, una vincita massima di 50 mila euro a schedina: sopra quella cifra i sistemi non pagano e, di conseguenza, non accettano neppure le puntate che prevederebbero incassi oltre questa soglia. Cinquantamila euro cambiano la vita a tante persone – secondo i dati Istat, la retribuzione media annua lorda per dipendente in Italia si aggira intorno ai 27 mila euro – ma non di certo ai calciatori”. L’articolo prosegue facendo l’esempio proprio con i tre calciatori finora coinvolti vale a dire Nicolò Fagioli, Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo.

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“Ed è così che in Italia, come rivelato dai dati dell’Agenzia Giornalistica sul Mercato del Gioco (Agimeg) il giro di scommesse sui circuiti illegali vale circa 18,5 miliardi l’anno, cioè quasi 51 milioni di euro al giorno. Ogni mese l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli oscura almeno 50 siti pirata, dove gli allibratori radunano i loro clienti”. L’inchiesta prosegue con i motivi per i quali i personaggi pubblici utilizzano il circuito illegale, toccando anche il tema dell’antiriciclaggio.

Giocare legale (gli italiani nel 2021 hanno puntato online 67 miliardi di euro, spendendone di fatto 3,8 visto che il resto gli è tornato in tasca sotto forma di vincite) può prevenire fenomeni come la ludopatia. Un giocatore, ad esempio, può fissare la somma massima da puntare in un determinato periodo, prevedendo l’autoesclusione da ogni concessionario in caso di superamento di una certa soglia”. L’argomento “dipendenza dal gioco d’azzardo” è di forte attualità nei giorni delle confessioni di atleti illustri e di certificati medici consegnati in procura federale con la speranza che si trasformino in attenuanti. In realtà – sottolinea il Corriere dello Sport – i dati ufficiali restringono di molto la percentuale degli scommettitori realmente malati di gioco: secondo una ricerca dell’osservatorio sull’impatto socio-economico della dipendenza (Oised), le persone in cura per ludopatia sono 15.000 in tutto il Paese, vale a dire appena lo 0,08% degli scommettitori. Qualcosa non torna”. sb/AGIMEG

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