Il Tar Lazio ha respinto i ricorsi sulla determina d’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che ricalcolava il prelievo sulla cosiddetta tassa ‘Salva sport’.

Secondo i giudici amministrativi, Adm avrebbe il diritto di pretendere altri 30 milioni di euro con la nuova interpretazione. Inoltre, l’inciso della norma (art. 217 comma 2 DL 34/2020), secondo cui le somme versate restano acquisite all’erario, chiarisce che indipendentemente dal suo utilizzo il prelievo non è destinato solo al fondo in questione.

Ecco il testo della sentenza del Tar Lazio:

FATTO e DIRITTO

  1. Con ricorso notificato a mezzo pec in data 6.3.2023 all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché tempestivamente depositato in data 7.3.2023, la società ricorrente in epigrafe ha adito questo Tribunale per l’annullamento, previa sospensione:

– del provvedimento n. prot. 72169/RU del 6 febbraio 2023 dell’Agenzia Dogane e Monopoli (di seguito e per brevità ADM) – Ufficio Gad- notificato in data 7 febbraio 2023 a mezzo pec, con il quale (…), in relazione alla concessione n. (…), veniva invitata entro 180 giorni dal ricevimento del provvedimento citato a procedere con il pagamento mediante F24 della somma pari ad euro 4.124,36 a titolo di integrazione della quota di prelievo pari allo 0,5 per cento sulla raccolta delle scommesse, disciplinato dall’articolo 217, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34;

– del provvedimento n. prot. 75898 del 6 febbraio 2023 di ADM- Ufficio Scommesse- notificato in data 7 febbraio 2023 a mezzo pec, con il quale la (…), in relazione alle concessioni nn (…), veniva invitata entro 180 giorni dal ricevimento del provvedimento citato a procedere con il pagamento mediante F24 della somma pari ad euro 18.961,35a titolo di integrazione della quota di prelievo pari allo 0,5 per cento sulla raccolta delle scommesse, disciplinato dall’articolo 217, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34;

– della Determinazione direttoriale 5 gennaio 2023, prot. n. 10337/RU, con la quale in riforma di quanto previsto dai precedenti provvedimenti di ADM, sono state stabilite le modalità di calcolo e di applicazione della quota di prelievo pari allo 0,5 per cento sulla raccolta delle scommesse, disciplinato dall’art.217, comma 2, del decreto- legge 19 maggio 2020 n. 34;

– di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto dalla ricorrente, e con riserva di motivi aggiunti;

e/o ove occorra

nell’ipotesi in cui la Determinazione Direttoriale del 5 gennaio 2023 non venisse annullata -poichè ritenuta valida l’interpretazione fornita dalla Ragioneria dello Stato- con richiesta di remissione alla alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale in ordine all’art. 217 del Decreto Legge n. 34/20, convertito con modificazioni ed integrazioni nella Legge n. 77/20, nella parte in cui ha previsto che “una quota pari allo 0,5 per cento del totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali, come determinata con cadenza quadrimestrale dall’ente incaricato dallo Stato, al netto della quota riferita all’imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504” per contrasto agli art. 3 e 81 Cost e/o il rinvio alla Corte di Giustizia UE della questione pregiudiziale interpretativa per contrasto con gli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea;

– in via subordinata, qualora non venisse annullata in toto la determinazione direttoriale del 5 gennaio 2023, si chiede la disapplicazione dell’art. 217, comma 2, del Decreto Legge n. 34/20, convertito nella Legge n. 77/20, nella parte in cui ha statuito che i concessionari, quali il ricorrente, devono corrispondere una quota pari allo 0,5 per cento del totale della raccolta da scommesse – relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali – al netto della quota riferita all’imposta unica di cui al decreto legislativo n. 504/98 e successive modifiche per contrasto con gli articoli 3 e 23 della Costituzione.

  1. Con la presente iniziativa processuale la società ricorrente, titolare della concessione per eventi sportivi, avversa cumulativamente le determinazioni con cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha:

– dapprima modificato in autotutela la previgente disposizione direttoriale con cui, in attuazione del disposto di cui all’art.217, co.2 del d.l. n.34/2020, convertito dalla legge n.77/2020, aveva stabilito le modalità di versamento dell’importo stabilito dalla suddetta disposizione nella misura dello 0,5% per cento alla raccolta sulle scommesse relative ad eventi sportivi di ogni genere;

– quindi, in attuazione della predetta determinazione di autotutela, richiesto all’operatore economico il pagamento della differenza tra quanto già corrisposto in esecuzione del pregresso meccanismo di calcolo individuato dall’Agenzia e quanto dovuto per effetto della succitata modifica.

Nella situazione di emergenza pandemica relativa al Covid-19, il legislatore ha ravvisato la necessità di sostenere finanziariamente il settore dello sport.

Allo scopo, è intervenuto con l’art.217 del suddetto decreto legge (d’ora in avanti, solo “il decreto legge”), il quale, nel testo risultante dalle modifiche apportate in sede di conversione, recita:

– al comma 1: “Al fine di far fronte alla crisi economica dei soggetti operanti nel settore sportivo determinatasi in ragione delle misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, e’ istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale” le cui risorse, come definite dal comma 2, sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per essere assegnate all’Ufficio per lo sport per l’adozione di misure di sostegno e di ripresa del movimento sportivo”

– al comma 2: “Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2021, una quota pari allo 0,5 per cento del totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali, come determinata con cadenza quadrimestrale dall’ente incaricato dallo Stato, al netto della quota riferita all’imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, viene versata all’entrata del bilancio dello Stato e resta acquisita all’erario. Il finanziamento del Fondo di cui al comma 1 e’ determinato nel limite massimo di 40 milioni di euro per l’anno 2020 e 50 milioni di euro per l’anno 2021. Qualora, negli anni 2020 e 2021, l’ammontare delle entrate corrispondenti alla percentuale di cui al presente comma sia inferiore alle somme iscritte nel Fondo ai sensi del precedente periodo, e’ corrispondentemente ridotta la quota di cui all’articolo 1, comma 630 della legge 30 dicembre 2018, n.145;

– al comma 3: “Con decreto dell’Autorita’ delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottare entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati i criteri di gestione del Fondo di cui ai commi precedenti”.

In attuazione della disposizione recata dal comma 2, laddove la stessa onera l’ente preposto al governo del settore dei giochi di determinare la quota a carico degli operatori assoggettati alla prestazione patrimoniale, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha adottato la disposizione direttoriale prot.n. 307276/RU dell’8 settembre 2020.

Per quello che rileva ai fini della trattazione della presente controversia, l’art.6 della predetta disposizione direttoriale prevede che: “Qualora prima del 31 dicembre di ciascun anno sia raggiunto il limite massimo, rispettivamente, di 40 milioni di euro per l’anno 2020 e 50 milioni di euro per l’anno 2021, il calcolo dell’importo è limitato al mese in cui detto limite è raggiunto e l’importo mensile è ricalcolato in misura proporzionale rispetto alla somma registrata in eccesso”.

In sede di prima applicazione, l’Agenzia resistente aveva dunque ritenuto che gli importi previsti quali limite del finanziamento del Fondo, indicati al secondo periodo del co.2 del d.l. 34/2020, valessero, implicitamente, anche come limite al prelievo, con la conseguenza che, laddove nel corso dell’anno l’entità complessiva attesa (40 milioni nel 2020 e 50 nel 2021), fosse raggiunta prima della fine dell’anno, il prelievo si sarebbe proporzionalmente arrestato fino alla concorrenza dei massimali di costituzione del Fondo, ossia al “Fondo per il rilancio del sistema sportivo

nazionale”, istituito ai sensi del co.1 del decreto legge.

Tale impostazione è stata confermata nella successiva disposizione direttoriale prot.n. 5721/RU dell’8 gennaio 2022, adottata in esito alla sentenza del Tar Lazio n.11496/2021, resa in ottemperanza alla precedente decisione del 6 aprile 2021, n. 4807, che aveva annullato in parte qua la determinazione n. prot. 307276/RU dell’8 settembre 2020, ai fini del successivo riesercizio del potere in tema di calcolo degli importi dovuti dagli operatori nel settore del betting exchange,

A seguito di successive interlocuzioni con la Ragioneria Generale dello Stato (nonché con la Sezione di Controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti), che hanno indotto l’ente preposto ad una diversa interpretazione della disposizione recata dall’art.217 del decreto legge, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con l’impugnata determinazione direttoriale 10337/RU ha disposto l’annullamento in autotutela della precedente determinazione prot.n. 5721/RU dell’8 gennaio 2022, senza riprodurre all’art.3 la precedente disposizione (art.6) che limitava il prelievo complessivo fino alla concorrenza dei limiti di finanziamento del Fondo istituito dal comma 1 del decreto legge.

Con il successivo atto applicativo, l’Agenzia ha quindi richiesto alla ricorrente il pagamento delle differenze.

La ricorrente è pertanto insorta nei confronti dell’ultima disposizione direttoriale in argomento e del pedissequo atto applicativo.

  1. Venivano proposti i motivi di seguito esposti in sintesi e come meglio articolati nel relativo atto processuale.

3.1 VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 217, DEL DECRETO LEGGE N. 34/20; VIOLAZIONE DELL’ART. 81 COSTITUZIONE; VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI TUTELA DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO

Parte ricorrente contesta l’interpretazione che, in sede di autotutela, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha avallato circa la corretta esegesi dell’art.217 del D.Lgs.n.34/2020.

Secondo l’ottica interpretativa di parte ricorrente, la predetta disposizione, nell’avere indissolubilmente e funzionalmente associato la costituzione del Fondo (cd. Salvasport) a quella del prelievo, sancirebbe, con il conforto dei lavori preparatori, un limite in valore assoluto anche per il prelievo incidente sugli operatori economici, coincidente con i limiti di finanziamento del Fondo ivi stabiliti (40 milioni di euro per l’anno 2020, 50 milioni per il 2021).

In altri termini, la norma avrebbe introdotto al prelievo sia un limite temporale (dalla data di entrata vigore fino al 31 dicembre 2021) che quantitativo (in valore assoluto e non solo percentuale).

Per converso, l’interpretazione sostenuta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, oltre a non essere aderente alla lettera ed alla ratio della disposizione in questione, violerebbe:

– l’art.81 della Costituzione, in quanto attuerebbe un prelievo pur in assenza di una specifica destinazione di spesa;

– il principio del legittimo affidamento, in quanto interviene a distanza di tempo rispetto alla scadenza di pagamento in precedenza stabilita (rate quadrimestrali la cui ultima è stata adempiuta a febbraio 2022), senza che la ricorrente avesse potuto procedere ad accantonamenti, e con vulnus arrecato all’equilibrio sinallagmatico della concessione.

3.2 VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 7 e 21 NONIES DELLA LEGGE N. 241/90 E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI

Si censura la violazione dei principi e delle disposizioni recate dalla legge sul procedimento amministrativo, in relazione ai diversi profili di seguito evocati:

– mancata comunicazione di avvio del procedimento di autotutela (art.7 L.n.241/90);

– violazione dell’art.21-nonies L.n.241/90, per mancata valutazione e ponderazione delle ragioni di pubblico interesse sotteso all’adozione del provvedimento di ritiro;

– violazione dell’art.21 nonies L.n.241/90 sotto il profilo del termine ragionevole, avendo l’Amministrazione provveduto alla modifica della determinazione generale solo qualche giorno prima dello scadere del termine di dodici mesi.

3.3 ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/90.

Si contesta la violazione dell’art.3 L.n.241/90 (difetto di congrua motivazione), in quanto la determinazione generale non indicherebbe in modo chiaro e intellegibile l’iter logico-giuridico seguito per l’adozione del contestato revirement.

3.4 VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 3, 23 DELLA COSTITUZIONE.

In via subordinata, qualora non fossero accolte le censure, di merito e procedimentali, prospettate ai punti precedenti, la ricorrente prospetta eccezione di illegittimità costituzionale, per pretesa violazione degli artt.3 e 23 della Costituzione, dell’art.217 del decreto legge, nella misura in cui individua, quale base di calcolo del prelievo, la raccolta totale delle scommesse al netto della sola imposta unica di cui al decreto legislativo n. 540/98, senza considerare che, allo stato, per effetto delle modifiche apportate al sistema di imposizione delle scommesse dall’art. 1, comma 945, della Legge n. 208/15, si applica il principio della tassazione sul margine, scorporando cioè le vincite, che rappresentano poste che non determinano, per l’agenzia di scommesse, guadagni effettivi.

3.5 SUL RINVIO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA PER VIOLAZIONE DEGLI ART. 49 E 56 TUEF; SULLA RIMESSIONE DEGLI ATTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 3.

In via ulteriormente subordinata, si prospetta la necessità di effettuare rinvio cd. pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, in relazione agli artt.49 e 56 del TFUE o alla Corte Costituzionale, in relazione all’art.3 Cost., nella misura in cui l’art.217 del decreto legge:

– prevede un prelievo eccedente il finanziamento del Fondo Salvasport che non soddisferebbe alcuna finalità di spesa e rivelerebbe, per l’effetto, un’indebita restrizione alle libertà garantite dal TFUE per la libera circolazione di persone e cose e per la libera prestazione di servizi nel mercato unionale;

– violerebbe altresì il principio del legittimo affidamento, corollario del principio di uguaglianza tutelato dall’art.3 Cost., trascurando che il prelievo viene chiesto soltanto ad una ristretta platea di concessionari (nello specifico, “coloro che sono autorizzati alla raccolta del gioco on line e terrestre soltanto per alcune categorie di giochi”).

  1. Le Amministrazioni intimate si costituivano in giudizio, per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, per resistere al ricorso, sulla base delle argomentazioni contenute negli scritti difensivi successivamente versati in atti.

In particolare, l’Avvocatura erariale eccepiva il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto estraneo all’adozione degli atti impugnati, e instava comunque per il rigetto nel merito del ricorso.

  1. All’udienza del 28 giugno 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.
  2. In via preliminare il Collegio scrutina l’eccezione relativa al difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, sollevata dall’Avvocatura erariale.

L’eccezione non è condivisibile.

In argomento, giova evidenziare che la ricorrente ha impugnato anche gli atti presupposti alle determinazioni dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, fra i quali certamente rientrano anche le note della Ragioneria Generale dello Stato, versate in atti, di esplicazione, secondo l’Organo contabile, della corretta interpretazione dell’art.217 d.l. n.34/2020. Nella vicenda, pertanto, il Ministero non ha avuto un ruolo secondario, avendo contribuito in maniera determinante all’adozione, a cura della predetta Agenzia, del contestato revirement.

  1. Il Collegio passa quindi all’esame del merito del ricorso.

Le doglianze della ricorrente si incentrano, dapprima, sull’esegesi dell’art.217 del decreto legge, assumendosi che i limiti di finanziamento del Fondo non potrebbero che valere, simmetricamente, quali limiti annuali assoluti al prelievo; quindi, sul mancato rispetto, sostanziale e formale, dei presupposti applicativi individuati dall’art.21 nonies L.n.241/90. Nella denegata ipotesi in cui fosse ritenuta corretta l’interpretazione del testo legislativo formulata ex novo dall’Amministrazione, la ricorrente prospetta eccezione di illegittimità costituzionale (e/o di contrasto con i principi eurounitari), argomentandosi nel senso che, laddove si ammettesse, in forza della norma, un prelievo a carico degli operatori eccedente il finanziamento del Fondo, si arriverebbe alla conseguenza, paradossale e irrazionale, che il prelievo realizzerebbe finalità ultronee e inespresse rispetto a quelle realizzate dall’intervento legislativo in questione, in ultima analisi orientate al sostegno dello sport, nel momento più cruento della crisi pandemica da Covid-19, proprio attraverso la costituzione del Fondo Salvasport, i cui limiti di finanziamento sono stati evidenziati dal legislatore allo scopo di delimitare l’entità, in valore assoluto, del prelievo posto a carico degli operatori attivi nel settore delle scommesse sportive.

Sempre in via subordinata, la ricorrente contesta che l’art.217 ha preso in considerazione, ai fini della determinazione della base imponibile, il criterio della tassazione sulla raccolta anzichè quello sul margine.

Il ricorso è infondato.

Prima di passare all’esame delle censure, in una trattazione che ben può essere unitaria, in ragione precipuamente dell’omogeneità di fondo delle questioni sottese, è opportuno soffermarsi brevemente sulla natura della determinazione direttoriale impugnata e su quella del prelievo dello 0,5%.

Con l’adozione di tale atto, l’Agenzia resistente ha dato attuazione al disposto della norma primaria (rif. art.217, co.2, primo periodo), secondo cui l’ente incaricato dallo Stato determina l’entità del prelievo con cadenza quadrimestrale. Trattasi sicuramente di una determinazione rientrante nella più ampia categoria degli atti amministrativi a contenuto generale, funzionale, fra l’altro, a determinare le modalità di versamento e i criteri di calcolo del prelievo, e propedeutica a quantificare poi, uti singuli (con separato atto applicativo), il contenuto dell’obbligazione di ciascun soggetto inciso.

Quanto alla natura di siffatto prelievo, come già questo Tribunale ha avuto modo di evidenziare in vertenze che avevano ad oggetto l’individuazione della platea dei soggetti passivi e i relativi criteri di quantificazione, trattasi di un’imposta straordinaria, di natura indiretta (cfr., Tar Lazio, 3.12.2021, n.12497; ordinanze 7476-7477/2020), che mirava a sostenere il mondo dello sport in un contesto depressivo per l’economia nazionale (particolarmente in tale settore, a seguito della chiusura imposta agli stadi ed al blocco delle manifestazioni sportive collettive, professionistiche e non) a causa dell’insorgenza della nota pandemia.

Il primo aspetto che viene ad emersione è, come detto, la corretta esegesi dell’art.217 del decreto legge, fonte di un sostanziale cambio di rotta da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

L’ubi consistam della questione attiene, au fond, al rapporto fra entità del prelievo, che l’art.217, co.2 definisce solo in termini percentuali (0,5% del totale della raccolta al netto dell’imposta unica) e limiti di finanziamento del “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale” (di seguito, solo “Fondo”), che il secondo periodo del predetto co.2 quantifica in valore assoluto distintamente per le annualità 2020 e 2021, in cui (unicamente) il prelievo è destinato ad operare.

Nell’impostazione seguita in precedenza dall’Agenzia, il limite finanziario per la dote del Fondo (40 e 50 milioni, rispettivamente per il 2020 e per il 2021) costituisce al contempo un limite assoluto al prelievo.

In esito al revirement, il limite di finanziamento del Fondo opera invece in modo scollegato dall’entità complessiva del prelievo.

Ad avviso del Collegio, l’interpretazione in ultimo sostenuta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli persuade maggiormente, in quanto più aderente al tenore letterale della disposizione normativa, il quale, in virtù dei canoni ermeneutici fissati dall’art.12 delle preleggi al codice civile, rappresenta, come noto, il principale criterio per l’interpretazione dei testi normativi.

E’ dirimente, al riguardo, la previsione recata dal primo periodo del secondo comma del decreto, secondo cui “una quota pari allo 0,5 per cento del totale della raccolta da scommesse… viene versata all’entrata del bilancio dello Stato e resta acquisita all’erario”. L’inciso “resta acquisita all’erario”, nella sua icastica formulazione, chiarisce, al di là di ogni ragionevole dubbio, che lo 0,5%, una volta determinato (dall’Agenzia) e pagato dai soggetti passivi, resta definitivamente acquisito all’erario, a prescindere cioè dal suo concreto utilizzo (anche ai fini del successivo finanziamento al Fondo di cui al co.1- Salvasport).

Del resto, se la norma appare inequivoca nel far intendere che il Fondo è finanziato, entro i limiti di cui al secondo periodo, con i proventi del prelievo dello 0,5% sulla raccolta, per converso non sancisce, in alcun modo, il principio per cui i proventi di tale prelievo siano integralmente destinati al Fondo in questione.

Una conferma della correttezza di tale assunto si rinviene, come evidenziato dall’Avvocatura erariale, nella previsione del terzo periodo del secondo comma, allorchè è stabilito che “Qualora, negli anni 2020 e 2021, l’ammontare delle entrate corrispondenti alla percentuale di cui al presente comma sia inferiore alle somme iscritte nel Fondo ai sensi del precedente periodo, e’ corrispondentemente ridotta la quota di cui all’articolo 1, comma 630 della legge 30 dicembre 2018, n.145”.

In altri e più chiari termini, la norma contempla, quale unica ipotesi per così dire “eccezionale”, meritevole di regolazione ad hoc, che il prelievo dello 0,5% non raggiuga i valori massimi di finanziamento del Fondo, e in tal caso interviene apportando una compensazione, ossia riducendo proporzionalmente le entrate prelevate per il finanziamento del Coni ai sensi dell’art.1, co.630 L.n.145/2018.

L’opposta ipotesi (ossia quella in cui le somme incassate dallo Stato con il prelievo dello 0,5% della raccolta delle scommesse coprono i massimali di finanziamento del Fondo) non è disciplinata, in quanto (evidentemente) ritenuta del tutto fisiologica dal legislatore, talchè se ne deve necessariamente dedurre che il surplus resta acquisito all’Erario, in forza del perentorio inciso contenuto alla fine del primo periodo del comma 2, di cui si è detto sopra.

Viene pure contestato il mancato rispetto dei presupposti per il ricorso all’autotutela, quali fissati, sia in termini sostanziali che procedimentali, dalla L.n.241/90 (in particolare dall’art.21-nonies, per quanto concerne l’istituto dell’annullamento d’ufficio).

La doglianza non può essere accolta, ove si tenga in debito conto, per quanto già chiarito, la natura tributaria del prelievo e, quindi, il perimetro stesso di operatività della gravata determinazione in autotutela.

Come condivisibilmente la giurisprudenza ha messo in evidenza, in ambito tributario non sono conferenti, ai fini dell’esercizio del potere di autotutela, i presupposti richiesti per l’annullamento d’ufficio ex art.21-nonies L.n.241/90, applicabili sono nell’ambito dell’attività amministrativa attributiva di una posizione di vantaggio (cfr., in termini, Comm. Trib. Reg.le Trieste, 10.5.2022, n.97). In sede tributaria, l’autotutela è infatti regolata da speciale disciplina (cfr., art.2-quater d.l. n.564/94, art.2 DM n.37/97) e l’Amministrazione considera unicamente la fondatezza o meno della pretesa sostanziale all’acquisizione del tributo, senza quindi che possano valere le condizioni poste dall’art.21 nonies L.n.241/90 (es. termine ragionevole non inferiore all’anno, valutazione sulla prevalenza dell’interesse pubblico all’annullamento).

Non rileva, allo scopo, che l’Amministrazione procedente vi abbia fatto espressamente richiamo nella determinazione del 5.1.2023, prot.n.10337/RU, stante l’indisponibilità del quadro normativo applicabile e dei relativi principi sottesi.

La considerazione che precede è assorbente.

In ogni caso, a tutto voler concedere, si osserva (in estrema sintesi) che:

– l’interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela, pure esplicitato nella determinazione del 5.1.2023, può reputarsi in re ipsa, trattandosi di recuperare gettito destinato all’Erario;

– la determinazione in parola è comunque intervenuta entro il termine di un anno rispetto alla determinazione ritirata (8.1.2022);

– quanto alla comunicazione di preavviso ex art.7 L.n.241/90, l’art.13, co.1 della L.n.241/90 esclude l’applicabilità delle norme sulla partecipazione, fra l’altro, per gli atti amministrativi generali e l’art.13, co.2, in termini generali, per i procedimenti tributari, trattandosi nella circostanza di un procedimento volto ad assicurare la corretta (doverosa) applicazione di norme tributarie e, in ultima analisi, a favorire l’acquisizione del gettito per l’Erario.

Neppure può convenirsi con la parte ricorrente quando censura un preteso difetto motivazionale.

Le premesse della determinazione del 5.1.2023 descrivono compiutamente le ragioni della mutata esegesi dell’art.217 d.l. n.34/2020, unitamente alle interlocuzioni con gli organi centrali preposti al controllo dei conti pubblici (Ragioneria Generale dello Stato; Corte dei Conti- Sezione Centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato), che hanno condotto al contestato mutamento esegetico.

In via subordinata, come detto, parte ricorrente censura l’art.217 del decreto legge, ritenendolo in contrasto (nell’interpretazione avallata dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli) con i principi costituzionali ed eurounitari, sotto vari profili (ragionevolezza, legittimo affidamento, proporzionalità, mancanza di vocazione alla spesa predeterminata, libertà di iniziativa economica e di libera circolazione, ecc.).

L’argomentazione di parte ricorrente si fonda sul postulato che la norma ha inteso istituire il Fondo Salvasport con i proventi del prelievo straordinario dello 0,5% della raccolta e che, ove il prelievo non fosse circoscritto, in valore assoluto, ai limiti di finanziamento del Fondo, previsti dal secondo periodo del comma 2, lo stesso risulterebbe esorbitante dalle stesse finalità della norma e della voluntas legislatoris e, in definitiva, privo di giustificazione, risultando (in tesi) un prelievo che inciderebbe (per la parte eccedente il finanziamento del Fondo) in modo ingiustificato solo sugli operatori economici attivi nel settore delle scommesse. In tale prospettiva, il tributo straordinario sarebbe incostituzionale e anticomunitario, sottolineandosi vieppiù come il revirement è avvenuto ex abrupto (retroattivamente), allorchè gli operatori confidavano nella prevedibilità del prelievo tributario a tale titolo e, pertanto, non avevano apposto accantonamenti prudenziali in bilancio.

L’eccezione è manifestamente infondata.

E’ possibile (recte: doverosa), infatti, un’interpretazione, costituzionalmente orientata della norma, che, nel rispetto del tenore letterale della disposizione, suffraga l’orientamento avallato in ultimo dall’Amministrazione resistente.

In primo luogo, si rileva, ad una piana lettura dell’art.217, che in alcun modo è sancito il principio per cui il prelievo finanzia, per l’intero (ossia per tutto il gettito acquisito), il Fondo Salvasport e che il prelievo eccedente non possa essere utilizzato aliunde dallo Stato per le finalità di sostegno e tutela dello sport.

Analizzando la norma dal punto strutturale, si evince piuttosto che:

  1. a) con il primo comma si istituisce il “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale”, le cui risorse, determinate ai sensi del comma 2, sono attribuite alla Presidenza del Consiglio “per essere assegnate all’Ufficio per lo sport per l’adozione di misure di sostegno e di ripresa del movimento sportivo”;
  2. b) con il secondo comma: al primo periodo, si introduce il prelievo, determinato nella misura dello 0,5% della raccolta, al netto dell’imposta unica, attribuendo all’ente incaricato del settore (l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) il compito di determinarne, con cadenza quadrimestrale, l’entità; al secondo periodo, si assegnano al Fondo, per ciascuna delle annualità 2020 e 2021 (in cui il tributo unicamente opera) i massimali di finanziamento; al terzo periodo, si regola la (sola) ipotesi in cui il gettito ricavato dal tributo straordinario non consenta la copertura finanziaria del Fondo;
  3. c) con il terzo comma, infine, si individuano le competenze per la determinazione dei criteri per la gestione delle risorse attribuite al Fondo Salvasport.

La norma, dunque, se indubbiamente lascia intendere che le somme assegnate al Fondo provengono, fino alla concorrenza dei relativi massimali, dal gettito acquisito con il prelievo dello 0,5%, nondimeno non limita in valore assoluto il gettito da acquisire né lo attribuisce univocamente al Fondo (non prevede, ad esempio, l’inciso “una quota pari allo 0,5% … fino alla concorrenza degli importi indicati al secondo periodo….”). Il finanziamento del Fondo resta, in ultima analisi, esterno al prelievo ed alla sua acquisizione nelle casse erariali. Di tale circostanza mostra di essere consapevole la stessa Amministrazione procedente, allorchè, nell’esplicitare (rif. penultimo “considerato”) la necessità di assicurare per gli anni 2020 e 2021 la copertura finanziaria del

“Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale” senza oneri o squilibri a carico della finanza

Pubblica”, lascia intendere chiaramente che, ove l’acquisizione del gettito da prelievo dello 0,5% fosse limitata fino alla concorrenza dei massimali di finanziamento del Fondo, la finanza pubblica ne resterebbe pregiudicata (per il residuo).

In base al criterio interpretativo secondo cui “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, deve pertanto reputarsi che il finanziamento del Fondo (così come il suo effettivo utilizzo) non interferisca con il prelievo tributario, che resta determinato in valore percentuale (0,5% del totale della raccolta al netto dell’imposta unica) e che, come recita la disposizione, resta acquisito all’erario, senza limiti in valore assoluto (a differenza del Fondo, alimentato dal prelievo).

Al contrario di quanto opinato da parte ricorrente, l’impostazione che precede può essere letta in senso costituzionalmente orientato, nel senso che il legislatore ha ritenuto di assegnare al Fondo neo-istituito solo una quota del tributo (potenzialmente la totalità, a seconda dell’entità in valore assoluto del gettito acquisito dal prelievo dello 0,5%), ossia fino alla concorrenza dei massimali stabiliti dalla legge. Le somme residue restano, evidentemente, acquisite all’erario per potere essere utilizzate, in altro modo, ossia con altri canali contabili, sempre per le finalità di sostegno al mondo dello sport, che costituisce la finalità di fondo dell’intervento legislativo, non interamente assorbita dall’istituzione del Fondo Salvasport.

In tema, va rilevato che il legislatore, nell’esercizio della più ampia discrezionalità e nel contesto emergenziale che caratterizzava il periodo, ha istituito fondi per analoghe finalità (es. Fondo unico per il sostegno delle Associazioni Sportive Dilettantistiche e delle Società Sportive Dilettantistiche, con l’art. 3, c. 1, D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 176 del 18 dicembre 2020, ma anche il Fondo a sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, di cui all’art.218-bis d.l. n..34/2020), le cui risorse, comprese quelle attinte dal prelievo dello 0,5%, sono confluite in specifici capitoli di spesa gestiti dagli uffici facenti capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (cfr., delibera della Corte dei Conti- Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato del 28 dicembre 2022, n.57/20227G, richiamata anche nella determinazione direttoriale del 5.1.2023, nella quale si dà conto di come le risorse attinte dal Fondo istituito dall’art.217 siano confluite sul capitolo 854, per poi essere assegnate in forza del Dpcm del 14 aprile 2021 con attribuzione, per la quasi totalità, di contributi a fondo perduto a beneficio di società e associazioni sportive dilettantistiche).

In definitiva, l’acquisizione di gettito ulteriore rispetto a quello che alimentava il Fondo ex art.217, non solo non era considerata dalla norma come ipotesi “eccezionale”, ma poteva, e può, reputarsi funzionale, nel contesto chiaramente desumibile dalla norma stessa, ad acquisire risorse ulteriori da impiegare per interventi a sostegno del settore dello sport in un momento particolarmente critico per gli operatori. Del resto, l’art.217 del decreto legge non individua in modo univoco i beneficiari dell’intervento legislativo (“far fronte alla crisi economica dei soggetti operanti nel settore sportivo determinatasi in ragione delle misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”), talchè le risorse eccedenti il Fondo Salvasport possono affluire nei capitoli assegnati in gestione al Dipartimento per lo sport (cfr., delibera cit. Corte dei Conti, pag.63) per finalità del tutto omologhe rispetto a quelle espressamente richiamate nell’art.217.

Ciò posto, nell’evidenziare che non è in contestazione la legittimità del prelievo dello 0,5% né l’individuazione dei presupposti applicativi (aliquota, soggetti passivi, base imponibile, ecc.), si ritiene che tale interpretazione della disposizione non si ponga in contrasto con i principi costituzionali ed eurounitari individuati dalla parte ricorrente, ove si consideri quanto segue.

Le ragioni che giustificano l’esigibilità del prelievo anche per importi eccedenti i massimali di finanziamento del Fondo, come detto, sono desumibili, oltre che dal tenore letterale, dal contesto e dalla ratio legis dell’art.217, tenuto conto dell’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore in ambito tributario, nell’istituire tributi per finalità di interesse generale entro il canone generale della ragionevolezza e dei principi costituzionali ex artt.23 e 53 Cost (cfr., in tema di discrezionalità del legislatore in materia tributaria, ex plurimis, Corte Cost, n.108/2023; Corte Cost., n.240/2017; Corte Cost n.10/2015; Corte Cost n.142/2014; Corte Cost n.375/2002). Nella circostanza, l’imposta ha una base legale compiutamente determinata (aliquota, soggetti passivi, base imponibile) e la raccolta di scommesse pacificamente costituisce fenomeno esplicativo di capacità contributiva.

Non si ravvisa, inoltre, alcuna violazione del principio di proporzionalità, atteso che l’entità del prelievo, peraltro gravante su una platea assai ampia di contribuenti e puntualmente circoscritto nella percentuale dello 0,5 sulla raccolta oltre che limitato dalla temporaneità della misura, è coerente con la finalità di assicurare sostegno al settore dello sport, particolarmente penalizzato dall’insorgenza della pandemia e dalle conseguenti chiusure prudenziali disposte dal legislatore e dal regolatore, in un’ottica che consenta l’erogazione o l’utilizzo di risorse pubbliche anche a prescindere dal ricorso al Fondo Salvasport.

Peraltro, anche dal punto di vista dell’entità del prelievo richiesto in recupero (complessivamente circa 30 milioni di euro per le annualità 2020-2021, a fronte dei 90 milioni già assegnati al Fondo Salvasport), la quota da recuperare non supera, nel complesso appunto, il 30% delle somme già richieste dall’Agenzia. Anzi, proprio l’avere previsto un tributo la cui aliquota è espressa in termini percentuali sul complesso della raccolta rende ragionevole che, a fronte della maggiore raccolta, maggiore (in proporzione) sia il tributo versato all’Erario. E, in ogni caso, una diversa volontà avrebbe dovuto essere sancita in modo espresso.

Giova considerare, ulteriormente, che proprio l’insorgenza della pandemia, se da un lato ha provocato la soppressione di molte iniziative e pratiche (particolarmente nel settore dello sport come in tutte quelle implicanti contatto sociale), parallelamente ha ampliato le possibilità di effettuare scommesse sportive on-line, fisiologicamente cresciute nel periodo emergenziale, senza che sia stata fornita prova dell’insostenibilità del prelievo ovvero della compromissione della tenuta dell’equilibrio concessorio, come anche dell’impossibilità di successiva traslazione della maggiore imposta versata sui clienti finali.

L’intervento in ultimo operato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non viola il principio di irretroattività del tributo, dal momento che non comporta l’assoggettamento a prelievo di ulteriori o diverse manifestazioni di capacità contributiva, ma, nel fare emergere la corretta e doverosa interpretazione della norma di legge tributaria, determina il corretto assolvimento degli obblighi fiscali già stabiliti a monte dalla norma primaria (in altri termini, attraverso l’esercizio dell’autotutela l’Amministrazione non introduce retroattivamente il tributo, ma recupera ad imposizione somme soggette al tributo fin dall’origine; cfr., in tal senso, Cass., sez. Trib., 8.10.2019, n.25055; Cass., sez. Trib., 8.10.2013, n.22827).

Non viene dunque ad emersione la violazione del legittimo affidamento, dal momento che il revirement si fonda sulla corretta esegesi testuale della norma tributaria. Peraltro, l’art.10, co.2 della L.n.212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) stabilisce, in termini generali, che, in caso di revirement dell’Amministrazione, non è vietato il recupero del maggior tributo, ma unicamente l’applicazione di sanzioni e interessi moratori (nella fattispecie, non applicati).

Quanto alla supposta violazione dei principi afferenti alle libertà garantite dagli artt.49 e 56 TFUE (stabilimento e libero esercizio dei servizi e delle attività economiche), la Corte di Giustizia ha confermato come il gioco rientra fra le materie non armonizzate (v., in tal senso, quam multis, CGUE, Sez. II, 8 settembre 2016, C-225/15), e che il legislatore conserva la più ampia discrezionalità nel disciplinare, fra l’altro, l’imposizione, restando l’intervento di cui trattasi limitato sia nel quantum (0,5% della raccolta) che nel periodo (maggio 2020- 31 dicembre 2021). Nella circostanza, peraltro, il prelievo, di natura straordinaria, risponde non solo all’esigenza di incrementare le finanze pubbliche, ma di preservare, in un momento di crisi oggettiva, un settore (lo sport) cruciale per l’economia e la società a livello nazionale (cfr., CGUE sez. II, 22/09/2022, n.475).

In via parimenti subordinata, parte ricorrente contesta la previsione dell’art.217 del decreto legge, nella parte in cui, ai fini della individuazione della base imponibile, considera la raccolta delle scommesse, al netto della sola quota dovuta dagli operatori per l’imposta unica di cui al d.Lgs.n.504/98, senza quindi (in tesi) scorporare le somme destinate a pagare le vincite attribuite agli scommettitori; il tutto, in modo disarmonico con l’art. 1, comma 945, della Legge n. 208/15, che ha introdotto il diverso principio della tassazione sul margine.

L’eccezione di incostituzionalità è manifestamente infondata.

Con riguardo all’imposizione sulle scommesse, occorre rammentare che il criterio della tassazione sulla raccolta è, tradizionalmente, l’ordinario criterio di tassazione delle entrate tributarie da scommessa, ai sensi dell’art.2 del D.Lgs.n.504/98, secondo cui “La base imponibile per le scommesse e’ costituita dall’ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa”.

L’art. 1, comma 945, della Legge n. 208/15 ha introdotto, progressivamente dal 2016 per le scommesse a quota fissa, il diverso criterio della tassazione sul margine; trattasi di una scelta che riflette scelte di politica tributaria del legislatore, la cui generale discrezionalità investe non solo la facoltà di istituire nuovi tributi, ma anche di conformarli, stabilendo la relativa base imponibile. E’ evidente, ad esempio, che il criterio della raccolta determina la tassazione sulla quantità di scommesse, laddove quello del margine si basa, essenzialmente, sul prezzo finale della scommessa (a seguito del pagamento ai vincitori): gli effetti finali sul gettito dipendono, in ultima analisi, dai comportamenti delle agenzie di scommesse e dei clienti finali.

In ogni caso, il prelievo dello 0,5% ex art.217 d.l. n.34/2020 costituisce un’imposta straordinaria e temporanea, diversa dall’imposta unica gravante sugli operatori ai sensi del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n.504, per cui non appare di per sé censurabile la scelta del legislatore che ha fatto riferimento, per la base imponibile, al criterio della tassazione sulla raccolta (cfr., Corte Cost., 26.10.2007, n.350).

  1. Per quanto precede, il ricorso va respinto, in quanto infondato.

Il Collegio, nel rispetto delle disposizioni sulla sinteticità degli atti processuali (artt. 3, comma 2 e 120, comma 10, c.p.a.) e dei principi della domanda (art. 39 e art. 99 c.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 34, comma 1, c.p.a. e art. 112 c.p.c.), ha esaminato tutte le questioni e le censure evocate nei gravami, ritenendo che eventuali profili non scrutinati in modo espresso siano comunque da respingere alla luce della motivazione complessivamente resa oppure che non siano rilevanti per la soluzione della causa (cfr., Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n.5).

La novità della questione controversa giustifica infine la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

sb/AGIMEG

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